Probabilmente la prima cosa che viene in mente quando si pensa al concetto di musica è il ritmo.
Elemento imprescindibile di qualsiasi componimento, dall’antichità ad oggi, dalla musica classica a quella elettronica.
Lo strumento fondamentale di questa sezione è sicuramente la batteria, strumento ritmico per antonomasia.
Ma c’è da considerare che anch’essa ha avuto evoluzioni durante tutta la sua storia.
Prima della batteria

Già dal 1840 i primi percussionisti iniziarono a sperimentare pedali utilizzabili con i piedi, provando a suonare più parti contemporaneamente.
Prima del suo sviluppo infatti, la sezione ritmica delle bande militari e delle orchestre era affidata a diversi percussionisti, ognuno per ogni tamburo o piatto.
Questo vuol dire che se un componimento, ad esempio, prevedeva l’utilizzo di una grancassa, un rullante ed un triangolo, venivano ingaggiati tre percussionisti diversi.
Il problema iniziò quando le esibizioni si spostarono dalle strade ai locali, dove lo spazio era limitato.
I primi accenni di cambiamento: il Double-Drumming
Nacque così il Double-Drumming, tecnica nata agli inizi del ‘900 dove una singola persona suonava sia la grancassa che il rullante per mezzo di bacchette, mentre i piatti erano affidati, eventualmente, ad un piede tramite l’utilizzo di un rudimentale charleston chiamato “low-boy“.

Questa invenzione portò alla nascita di generi come il ragtime, prima, o lo swing, poi, dove il semplice accompagnamento orchestrale (con colpi sul primo e terzo battito) si tramutò in un ritmo più sincopato con sempre più accenni sull’off-beat.
Il XX Secolo

Bisogna aspettare l’inizio della decade 1920 per avere la prima vera batteria come oggi la conosciamo, grazie alla scena musicale del New Orleans.
Nel 1917, nella su citata città, vennero registrati quelli che erano i primi brani Jazz della storia da parte di una band chiamata ‘The Original Dixieland Jazz Band‘, dove si iniziavano a sentire i primi kit di batteria misti a strumenti percussivi provenienti da varie etnie di immigrati.
Problemi di budget e spazio, come già spiegato nel precedente capitolo, fecero si che sempre più persone s’ingegnassero per suonare più percussioni diverse possibile.
Degli stand di metallo vennero costruiti per reggere i Tom-Tom introdotti dai Cinesi, con aste snodate per reggere i piatti ed il rullante.
Sopra a tutto erano disposti altri stand, chiamati ‘traps‘, dove vi erano strumenti come cimbali, campanacci e similia.
Erano ancora strumenti grezzi, rudimentali e con molta strada ancora da percorrere (ne è una prova il fatto che il pedale dell’Hi-Hat, ad esempio, venne introdotto solo nel 1926), ma come dimostrano degli spartiti risalenti a tutti gli anni ’20, c’era un evidente sviluppo nei set in quanto a dimensioni e suoni, sviluppo che con le decadi ci ha portato agli strumenti che noi tutti oggi conosciamo ed apprezziamo.